di Massimo Bambara
E' doveroso, proprio in questi giorni di festività, inviare un augurio speciale a Carlo Ancelotti per questa sua nuova avventura alla guida del PSG.
Non c'è nulla di retorico, di scontato, di mieloso in tutto questo, solo un affetto profondo ed un trasporto umano che nessun altro allenatore del Milan mi aveva trasmesso prima di lui.
Sono convinto che Carlo a Parigi farà bene. E' un tecnico preparato, scrupoloso, di metodo e pieno di buon senso.
Sale su un treno in corsa conoscendo i rischi del mestiere, ma probabilmente ansioso e voglioso di rimettersi in gioco dopo un'ultima annata, al Chelsea, poco fortunata.
Tutt'oggi, dopo che più di due anni fa ha guidato la squadra per l'ultima volta a Firenze, il suo ricordo e la sua signorilità sono indelebili.
Ancelotti è e rimane il nostro allenatore per quello che ha saputo dare al di là delle vittorie, per quel modo semplice, alla mano, umano, tremendamente umile, di porsi verso tutto ciò che lo circondava.
Non sono i contratti che sanciscono i legami. Sono le emozioni vissute assieme, il modo in cui le si è assaporate, i ricordi indelebili di momenti tristi e di vette d'immensità raggiunte insieme con sacrificio e sudore.
Ancelotti non è stato solo un allenatore per noi rossoneri. E' stato, è, e rimarrà sempre, qualcosa di superiore al semplice ruolo di trainer.
Perchè il calcio è una magia che rapisce il cuore dei ragazzini e con lui, con la sua dialettica da pane e salame, figlia di una storia come tante, di una famiglia di contadini orgogliosi, si proprio con lui e solo con lui, ci siamo sentiti mille volte ragazzini, figli rimproverati dalla mamma e dal papà per le follie che combinavamo ai gol del Milan.
Perchè lui, Carlo, non faceva nulla, nemmeno un piccolo sforzo per nascondere le sue emozioni, il suo essere milanista oltre i colori, bandiera di un sogno che aveva le tinte rossonere.
Il 2 maggio del 2007 è una data che resterà impressa nella memoria di molti.
Quel giorno, quando facemmo la partita perfetta contro lo United, gli occhi di Carlo parlavano nel silenzio: non era stata solo una partita preparata benissimo, di più, era stato un perfetto connubbio tecnico, mentale, umano. E' stato il suo capolavoro, un cammeo che terremo nell'anima come una gemma preziosa.
Si può allenare una squadra e farsi amare dai tifosi. Ma si può anche allenarla senza avere i favori del pubblico. Lui andava oltre. Lui era uno di noi.
In bocca al lupo cuore di Tigre! |
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