Scritto da Massimo Bambara |
Martedì 04 Gennaio 2011
Caro Leo, sembra strano dover scrivere all'allenatore dell'Inter, sembra strano soprattutto perchè mai ti avrei immaginato sulla panchina di quella squadra lì, ma il calcio è imponderabile nelle sue scelte e nelle sue direzioni.
Credo onestamente che il tuo primo monologo nella conferenza stampa di presentazione sull'altra sponda del Naviglio sia stato quasi perfetto.
Ho visto tanti film nella mia vita, ma un attore bravo come te non lo avevo mai notato.
Sei degno del premio Oscar anche perchè tu reciti a braccio, ti viene naturale e in questo, come ravvisato anche dal tuo nuovo presidente, sei il degno e naturale successore di Mourinho.
La differenza è che il portoghese recita la parte del cattivo, tu invece vai a meraviglia in quella del buono.
Insieme siete perfetti, con quelle giuste venature di vittimismo che rendono eccellente la vostra recitazione e che vi accomunano.
Sei stato perfetto, bravo davvero.
Solo un piccolo, piccolissimo appunto.
Una minuzia appena.
Quando dici "ci sono ancora tante cose che mi legano al Milan".
Questa è solo una boutade e non ci crede nessuno.
Risparmiatela.
Anche perchè non ti aiuta a farti acclamare dal tuo nuovo popolo.
Non c'è più niente che ti leghi al Milan, ai suoi colori, ai suoi tifosi.
Nulla di nulla.
Hai spazzato via 13 anni con un colpo di spugna.
Perchè vedi Leo è ineccepibile il fatto che un professionista vada dove vuole, magari anche da chi lo paga meglio.
Ma tu mio caro non eri un professionista.
Eri un non allenatore (perchè tale ti sentivi) che a un certo punto si è fatto cogliere dal delirio di onnipotenza.
Eri un simbolo ancor prima che una bandiera.
Rientravi in quella elite di giocatori che i tifosi vedono come simboli della propria squadra.
Come Baresi, come Maldini, come Tassotti, come Van Basten, come Boban, come Costacurta, come Rossi.
E lo eri anche perchè tu ti eri definito tale.
Milanista.
Fin troppo milanista per allenare un'altra squadra italiana.
Non troppo però per non accettare l'Inter.
Non abbastanza per non definire la maglia nerazzurra un sogno.
Bastava tacere.
Prima e dopo.
Non l'hai fatto.
D'altronde c'è da aspettarsi di tutto da chi solo dopo 13 lunghi anni scopre che il suo Presidente, quello che lo paga profumatamente e che da signor nessuno (come tutti gli ex giocatori) lo fece diventare dirigente, ha il vizio di intromettersi nelle questioni tecniche.
Che reato! Che lesa maestà.
Sacchi, Capello e Ancelotti non hanno mai fatto una piega ma il superuomo dannunziano col ciuffo brasiliano non poteva accettare una simile onta che leniva le sue virtù.
Sei stato un grande attore ma sei anche un fine paraculo.
Con nessuna stima
Massimo Bambara
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