Scritto da Massimo Bambara |
Martedì 08 Febbraio 2011 |
Il momento non è dei più rosei, ma non è il caso di buttare tutto a mare per qualche pareggio di troppo.
E' necessario invertire la tendenza, trovare soluzioni diverse, rigenerarsi mentalmente.
Atto primo. La squadra pare scarica.
Le energie nervose non sono un monolite che rimane immutato, senza farsi scalfire dai tempi.
Sono piuttosto un tasto sensibile che va adeguatamente pungolato e stimolato.
Il Milan di oggi sta vivendo un calo primariamente nervoso, mentale, fisiologico quasi, considerato che guida la testa della classifica da ormai tre mesi.
Il rilassamento inconscio è sempre dietro l'angolo in questi casi.
Il tutto unito a un forte stress fisico, in quanto da un pò di tempo giocano quasi sempre gli stessi, ci sono molti infortunati ed i tempi di riposo per i giocatori chiave sono ridotti ai minimi termini.
Atto secondo.
L'involuzione tuttavia investe anche il lato tattico della squadra, il modo di stare in campo, il "cosa fare" nei 90 minuti.
Il Milan che si porta in testa alla classifica del campionato di serie A nasce a Bari in un pomeriggio di novembre.
Tre mediani, Seedorf a trequarti, Robinho seconda punta e Ibra a fare la prima.
La cosiddetta ibraizzazione della squadra che trova compimento.
I principi tecnici su cui si basa questo Milan sono la capacità di attaccare sempre la palla alta, la verticalizzazione immediata, il sacrificio in fase difensiva di tutta la squadra (vedasi fase di ripiegamento di Robinho in non possesso), uno dei tre centrocampisti centrali che accompagna sempre l'azione offensiva aggredendo gli spazi creati dal movimento delle punte.
Questa squadra viene, direi abilmente, modificata in corsa da Allegri, che già nella partita in casa col Brescia ne muta l'aspetto portando una maggiore qualità. Pirlo diventa mezz'ala sinistra di centrocampo e Boateng trequartista. L'esperimento riesce. In due partite il Milan fa sei gol e contro la Roma, fino all'uscita dal campo di Andrea Pirlo, domina il match.
La fase due del progetto tattico di Allegri però incontra un ostacolo proprio subito dopo la gara con la Roma.
Si fanno male Boateng e Pirlo e il tecnico è costretto a tornare al vecchio modulo nato nella partita di Bari, imponendo nel frattempo Robinho nel ruolo di trequartista per fare spazio al rientrante Pato accanto a Ibra.
Il Milan coi tre mediani però era stato costruito per un breve periodo, non per una continuativa durata.
Questa era l'idea di Allegri.
Infatti il tecnico toscano sa benissimo che questa strutturazione di squadra ha molti più limiti che vantaggi.
Funziona solo in un momento di particolare brillantezza e forma fisica della squadra.
Se cala anche lievemente la condizione il Milan diventa più pressabile e meno capace di amministrare i ritmi della partita, mancando un uomo d'ordine a centrocampo, capace di gestire i flussi di gioco.
Il calo di questo periodo coincide proprio con l'assenza di Pirlo e Boateng, i due giocatore fondamentali per imporre a centrocampo un tipo di calcio diverso e di più largo respiro calcistico.
E' proprio sul rientro di questi due giocatori e sul cambio di strutturazione di squadra che ci giochiamo il prosieguo della stagione.
Lo sa anche Allegri che freme per ritrovare in fretta i suoi assi di coppe
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