di Massimo Bambara
Da qualche anno qualsiasi giocatore di 30 anni o giù di lì che venga accostato al Milan viene spesso, da una critica a mio avviso prevenuta, bocciato a priori sulla base dell'età.
Si è così entrati in una sorta di fobia del trentenne che attanaglia tutti gli strati del tifo rossonero, a tutti i livelli.
Sembra quasi che la carta d'identità non più giovanissima diventi quasi un'onta maligna da celare, una vergogna da cui stare alla larga.
A mio modo di vedere invece i giocatori vanno valutati sulla base di due parametri fondamentali: le caratteristiche e lo stato fisico. Solo in terza battuta viene l'età.
A tutt'oggi l'età media della carriera agonistica si è alzata e non è affatto raro vedere giocatori di 34-35 anni essere i veri leader e trascinatori di una squadra.
Sembrerà un paradosso ma per alcuni giocatori, anche di grandissima qualità, la maturazione tecnica arriva solo in tarda età.
Il nostro grandissimo Alessandro Nesta per esempio ha sempre peccato, nel corso della sua enorme carriera, di un eccesso di timidezza e di scarsa vocalità in campo.
A ben 33 anni suonati e con un'operazione alla schiena alle spalle, Nesta ha conosciuto l'apice della sua maturazione agonistica e tecnica, riuscendo a diventare non solo leader difensivo, ma addirittura leader emotivo del Milan.
L'esempio di Nesta è emblematico per dimostrare come, anche gli over 30, hanno un'importanza ed una decisività in una squadra, aspetti che spesso sono molto più pregnanti di un anno in più o in meno di età media complessiva in una formazione.
Il giocatore andrebbe sempre valutato sulla funzionalità alla squadra delle sue caratteristiche e sulla base di un'efficenza fisica da misurare sulle partite giocate e sulla periodicità o meno di infortuni muscolari.
L'età in sè, come requisito numerico, ha una valenza relativa. Ad oggi per esempio, Seedorf che è un 76, dà più garanzie fisiche di Ganso, che ha 15 anni in meno di lui, ma ha fatto già due crociati ed ha una situazione muscolare precaria.
La fobia del trentenne però è sempre dietro l'angolo e spesso diventa l'anticamera di una facile retorica sui giovani e sulla programmazione.
Come se Merkel e Strasser, due riserve di Genoa e Lecce, potessero essere buone alternative in una squadra che lotta per il titolo.
Ma questi sono i misteri della carta d'identità. O forse sarebbe più opportuno definirli i poteri magici di essa |
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