Il titolo del celebre romanzo di Jane Austen, “Pride and Prejudice”, sembra proprio raccontare la sua storia milanista: il pregiudizio è quello di molti tifosi milanisti che da diversi anni, per partito preso, lo criticano ad ogni piè sospinto, l’orgoglio smisurato è quello che invece gli permette tutte le volte di tornare a riprendersi la scena ed a far vedere che lui è sempre uno degli uomini decisivi da cui passano le fortune (e le vittorie) del Milan.
Naturalmente stiamo parlando di Clarence Seedorf, che tra le altre cose, proprio sabato scorso è diventato lo straniero con il maggior numero di presenze della storia del Milan (il dodicesimo nella classifica di presenze assolute).
In questo momento è quanto mai doveroso rendere onore a Clarence, autentico valore aggiunto in questa fase cruciale della stagione.
Allegri nella fase decisiva non ha esitato a fare affidamento sulla classe ma soprattutto sulla personalità del colored rossonero, sapendo benissimo che per il derby, all’indomani del doppio passo falso Bari-Palermo, era importantissimo affidarsi alla tecnica di Seedorf piuttosto che alla corsa di Flamini.
Carence ha risposto alla grandissima, risultando il migliore in campo nella gara con l’Inter, ma anche in quelle successive contro la Fiorentina e la Sampdoria.
Non è un caso che questo sia successo, perché l’olandese non sarà più un calciatore in grado di garantire un alto rendimento per un intero campionato, ma il suo contributo sulla singola gara (soprattutto se è decisiva) e nelle fasi in cui “il gioco si fa duro” è una assoluta garanzia.
Se consideriamo un calciatore in tutte le sue sfaccettature, non credo di esagerare nel dire che Clarence sia il miglior giocatore che il Milan abbia avuto negli ultimi dieci anni.
Clarence sa giocare a calcio come pochi, ma questo non è tutto.
Stiamo parlando di un leader assoluto, di un uomo che si fa passare la palla anche quando è marcato da due avversari, che non si è mai nascosto in nessuna partita disputata nella sua carriera, che è pronto ad aiutare i compagni di squadra e che ha carisma anche nei confronti degli avversari e degli arbitri.
Un calciatore che si è guadagnato il rispetto di tutto il mondo del calcio, al punto che non ricordo di aver mai sentito un coro di insulti nei suoi confronti in nessuno stadio d’Italia (solo un paio di stupidi buu razzisti indirizzati più al colore della sua pelle che alla persona).
E poi diciamolo pure: dopo ogni sconfitta abbiamo aspettato di ascoltare l’intervista di Clarence, perché con la sua lucidità ed onestà intellettiva ci spiega quello che è successo ed è pronto ad incoraggiarci per ripartire. Lui la faccia l’ha messa sempre, tanto nel bene quanto nel male, ma soprattutto non ha mai detto una banalità (dote non comune in un mondo dove spesso la cosa più intelligente che un calciatore riesce a dire è “siamo venuti qui a fare la nostra partita”).
E che le sue non siano delle semplici parole buttate lì a vanvera lo dimostra la sua storia personale: come fai a non credere ad uno che spesso è stato fatto a pezzi da un (quasi) un intero stadio dopo una brutta prestazione, si è assunto per intero le sue responsabilità e la partita dopo si ripresenta a testa alta assolutamente consapevole dei propri mezzi (e spesso decisivo)?
Abbiamo visto tanti giocatori terminare la loro carriera in una grande squadra perché non in grado di reggere la pressione del palcoscenico, sono bastati pochi mugugni per far capire che fare i fenomeni “in provincia” non significa essere in grado di farlo ad alti livelli.
E’ la differenza che c’è tra il buon giocatore ed il fuoriclasse.
E se c’è una cosa che nessuno può negare è che Clarence Seedorf è un fuoriclasse autentico, lo è in campo e lo è, ancor di più, fuori dal campo.
Nel momento in cui tutti hanno cominciato a dire che Seedorf ormai aveva chiuso la sua avventura nel Milan e che la società rossonera non avrebbe preso in considerazione l’idea di rinnovargli il contratto in scadenza, Massimiliano Allegri è andato sul sicuro nel decidere a chi affidare le sorti del nostro campionato nella partita più importante e decisiva dell’anno: a Clarence Seedorf naturalmente!
Perché i piedi nel calcio contano, ma in certe circostanze a fare la differenza sono gli attributi, e le palle a Clarence non sono mai mancate.
Vai Clarence, ti vedo giocare oggi e torno indietro di quattro anni, quando nel momento decisivo del torneo (dai quarti in poi) ci hai letteralmente trascinato (insieme a Kakà) alla conquista della settima, incredibile ed insperata Coppa dei Campioni della nostra storia.
C’è da tornare a conquistare il tricolore dopo ben sette anni, e non puoi che essere tu a guidarci verso il trionfo, perché negli ultimi dieci anni qui non si è vinto niente senza il decisivo ed indelebile marchio di Clarence Seedorf!
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