Scritto da Massimo Fontana |
Sabato 08 Gennaio 2011
Avevo pronto il pezzo di addio a Ronaldinho da qualche giorno, aspettavo solo l'ufficialità della rescissione del contratto per questioni scaramantiche ... ma se aspettassi ancora un pò a pubblicarlo potrebbe cominciare a puzzare di naftalina, e io odio il puzzo di naftalina.
L'orizzonte degli eventi è già stato raggiunto dal Gaucho quindi, come sostengono i fisici teorici alla Stephen Hawking, ci vorranno svariati miliardi di anni prima che possa riemergere, evaporando, dal buco nero brasilero ... ormai è andato, non dovrei avere nulla da temere.
Il connubio tra il Dinho e i colori rossoneri a strisce verticali (il Flamengo ce le ha orizzontali) è nato male e finito peggio dopo essere sopravvissuto tenendo l'anima coi denti.
Voglio dirlo senza ipocrisia e senza intenzione di mancare di rispetto al giocatore: finalmente questa "dimenticabile" avventura si è conclusa.
Sul piano tecnico il contributo del brasiliano, in questi due anni e mezzo, è da considerarsi deficitario, ma è da quattro anni che l'ex Pallone d'Oro ha smesso i panni dell'atleta convinto che fosse sufficiente il suo indiscutibile talento per rimanere ai vertici nel calcio europeo.
Quello brasiliano (forse) è un calcio nel quale il Dinho, tra una festa, una churrascaria, una discoteca e una performance da percussionista, ha la possibiltà di fare ancora la differenza (forse).
Addio Ronaldinho, senza rancore, senza rimpianti, senza delusione, senza emozione.
Per non stare a ripetere concetti già espressi in passato, ma dei quali sono sempre convinto, rimando ad un paio di post ... il primo è di agosto 2010 e il secondo di un anno fa, gennaio 2010.
Integralismo Dinhano
Il Gaucho di Porto Alegre
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