Sono stato in giro per lo Yorkshire per una settimana.
Non so voi, ma io... Come in Jaws, no?" I'm tired and I want to go to bed..."
Trittico televisivo di Channel4, derivato da una quadrilogia di libri di David Peace, “Red Riding” è un farmaco che si insinua sotto pelle, che all’inizio non sembra produrre effetti particolari, per poi esplodere e rivelarsi con la sua reale natura:un veleno.
Guardarla, farsi catturare, conservare impresse negli occhi le immagini di luoghi devastati e spogli come l’anima dei protagonisti, ricordarsi della crescente sensazione di angoscia soffocante, di totale assenza di speranza e redenzione, fino ad aggrapparsi, imploranti, ad un vago barlume di lieto fine, tanto è copiosa la dose di freddo nichilismo che ci viene riversata addosso.
Con metodica violenza.
Per rispetto della fruizione ad alto tasso di emotività, vi do un consiglio: guardate la trilogia per intero, con attenzione, seguite il complesso intreccio della trama, lasciatevi scivolare dentro a quel girone infernale chiamato Yorkshire senza conoscere, se non a grandi linee, i temi affrontati.
Partecipate a questo gioco al massacro, alla distruzione passo dopo passo di ogni residuo di umanità dei protagonisti.
Se permetterete alla sceneggiatura labirintica e monumentale di Tony Grisoni di farvi sorprendere, turbare e attanagliarvi con orrore e tristezza, vivrete un’esperienza intensa su più livelli.
Da un lato lo sviluppo delle indagini intorno all’uccisione di bambine, violentate, torturate e rese grottesche da ali di cigno attaccate alla schiena, da un alto il termitaio di personalità corrotte e perverse le cui vicende si scontrano creando un grande affresco maligno di una piccola provincia del male.
“Red Riding” è la storia di un’ombra che si allunga su un paese tra il 1974 e il 1983 contro cui combattono tre antieroi, destinati al fallimento più atroce (un giornalista, un poliziotto, un avvocato), che ancora ripongono fiducia nel sistema, ingenuamente, non privi di sfumature di grigio, ma puri al cospetto di un microcosmo marcescente fin dalle fondamenta.
E’ la storia di vittime facili (bambini, donne, omosessuali), di vittime inconsapevoli, di reietti della società che vengono eliminati come capri espiatori per le colpe di chi detiene il potere, e ne abusa, sicuro della propria incolumità.
La violenza della trilogia è palpabile, il sangue non manca, tra stragi, omicidi, suicidi, pestaggi della polizia, trapani fallici che diventano strumento di sottomissione, ma si tratta per lo più di una violenza psicologica sullo spettatore, dell’abbattimento progressivo di ogni spiraglio luminoso ad ogni colpo di scena che aggiunge un tassello ad un mosaico che è la rappresentazione della deriva psicopatica di un’intera società.
Qui la gente non vive, non pensa, non prova emozioni.
Quando può andar bene funziona, svolge, interpreta, replica, accumula, consuma.
L'egoismo, il guadagno su chiunque a qualunque costo lasciano sul campo di battaglia i cadaveri viventi degli sconfitti, di chi per qualche motivo non ha voluto o potuto partecipare all'insensato accumulo di potere e beni materiali.
Tre registi, tre tecniche di riprese differenti, tre perfette ambientazioni d’epoca in cui si muovono come mostri allo sbando attori di straordinaria bravura, che caratterizzano in modo forte i loro ruoli senza mai scivolare nello stereotipo, evitando il rischio del ridicolo involontario e raggelandoci.
Tre film da vedere di seguito, senza soluzione di continuità, per non aver modo di prendere fiato durante la discesa e farsi avvolgere dalla bellezza di riprese nebbiose e da una snervante premonizione di morte imminente.
Tutta la trilogia trasuda disperazione in una cornice visiva entusiasmante.
Capolavoro.
Un universo violento, spesso ignorante, insensato, pieno di uomini guasti nel quale non vale nemmeno la pena discutere di quale sia il miglior sistema di governo o la legge preferibile, in quanto essi saranno poi elaborati e applicati da uomini che provvederanno a distorcere in ogni modo possibile governo, legge, media, polizia, ordine, emozioni, gusti, paesaggio, tutto.
Non è un caso che i tre "eroi" di questa trilogia siano un giornalista, un poliziotto e un avvocato, tutti men che perfetti, tutti destinati a capitolare. Come non è un caso che in un mondo bestiale come quello descritto si faccia spesso ricorso a simboli animaleschi, come non è un caso che gli unici personaggi davvero puri siano bambini o matti, tutti nuovamente destinati alla morte.
Non ho nessuna fiducia nell'uomo e considero fortunate, splendide eccezioni i pochi uomini (e donne, ovviamente,anzi, sicuramente più donne che uomini) incontrati in vita che mi hanno mostrato che ci si può anche comportare diversamente.
Non ho nessuna fiducia nell'uomo in generale, continuo a fidarmi dell'uomo in particolare.
“Red Riding” condivide con me questa visione del mondo e degli uomini quasi fino in fondo, e non posso non provare la sensazione , stupenda, di sentirmi a casa.
L'emozione che mi ha regalato Red Riding è cosa rara, molto rara, che ben pochi capolavori ben più "alti" hanno saputo regalarmi.
Benvenuti nello Yorkshire, non ne uscirete tanto facilmente.
"Show me the way to go home
I'm tired and I want to go to bed
I had a little drink about an hour ago
And it went right to my head
Where ever I may roam
On land or sea or foam
You will always hear me singing this song
Show me the way to go home"
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