È tutta questione di sguardi. È sempre stato così.
Il nostro, quello degli umani, è proiettato in avanti, spesso miope, quasi sempre selettivo.
Il loro, quello dei cani, è ancorato al suolo, grandangolare, spalancato su un mondo dove niente è mai di troppo.
Ed è il loro punto di vista basso, umile, mai servile, stoicamente onnipresente che ci insegna a essere umani.
Non essendo umani, ci insegnano a esserlo. I cani sono àncora e bussola di ciò che insegui.
Frenano al tuo posto. Guidano quando sei ubriaco. Ti riportano a casa. Sono la casa.
Resto convinto che loro siano molto meglio di noi: capaci, non essendo umani, di insegnarci a esserlo; equipaggiati di superpoteri come i polpastrelli al pongo, lo sguardo rasoterra e il talento di capire che è ora di andare a letto «prima» che tu spenga la tivù, «perché ha avvertito la vibrazione del tuo corpo».
Andrea Scanzi racconta delle sue Labrador, Tavira e Zara: delle loro abitudini, delle loro peculiarità, delle avventure di cui sono protagoniste.
Ci sono categorizzazioni, e tipologizzazioni (cane bonsai, cane Springsteen, cane camionista), che finiscono per evocare quello che Shakespeare chiamava “il catalogo degli uomini”. Ribaltato, però.
Ci sono il sesso, le malattie, l’intelligenza emotiva. Un mondo in cui si ride, molto, e ci si commuove, non di rado.
"Il lettore sia consapevole che: i cani odorano di pongo, perdono i peli, fanno puzze mefitiche, scappano per futili motivi, sono rumorosi quando dormono, sono dei cagoni (capaci di inarrivabili nefandezze, come mangiare la cacca), si sporcano di fango, li devi lavare anche se pesano 35 chili, e ti fanno pure sentire in colpa quando li lasci nella pensione più figa del mondo. Dunque, perché prendersi la briga di averne uno?"
Perché i cani, scrive Scanzi, lo sanno.
Sanno che noi, senza di loro, siamo bipedi sfigati: “Un cane è pace, bussola, riferimento. E’ guinzaglio che tira. E’ ombra che aspetta fuori dal bar. E’ il nostro milite ignoto. Un cane muore al tuo posto per vedere la strada che ci sarà dopo e poi raccontartela. Un cane va in perlustrazione nell’abisso”. (Arianna Martini Il Fatto Quotidiano)
In Tavira e Zara, e in tutti i cani che a loro si accompagnano, si riflette la comunità umana e lì si scopre fragile e potente, sconsiderata e ottusa. Forse anche felice.
Felicemente animale |
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