Esattamente venticinque anni fa, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986, la più grande catastrofe mondiale nella storia del nucleare segnava in maniera definitiva le sorti di milioni di persone. L'orologio segnava l'una, 23 minuti e 44 secondi.
La nube radioattiva liberatasi dalla centrale di Chernobyl, nel nord dell'Ucraina, varcò le frontiere nazionali e si diffuse nei cieli dell'Europa. Dalla Finlandia all'Italia si misurarono livelli di radioattività estremamente elevati. Il paese che più fu toccato dal disastro e che ne sta ancora subendo le conseguenze è la Bielorussia. La frontiera che la separa dall'Ucraina è soltanto a pochi chilometri da Chernobyl. Migliaia di persone furono evacuate dalle città e dai villaggi situati nel sud-ovest della Bielorussia. I due terzi degli abitanti di Bragin, la cittadina più grande della zona, a soli 35 chilometri da Chernobyl, furono rialloggiati nella capitale Minsk o in altri centri più grandi. Di questi soltanto pochi hanno fatto ritorno a Bragin.
A un quarto di secolo di distanza dal disastro di Chernobyl, le tracce dei danni causati dall'esplosione del reattore sono ancora evidenti. I villaggi circostanti sono deserti. Per le strade regna uno strano silenzio. Pripyat, la città abbandonata a due chilometri dalla centrale, porta a riflettere, più di qualunque dibattito o di qualunque analisi. Fa sentire sulla pelle l’orrore. Chernobyl non è un dato statistico su cui dissertare; è uno tsunami che ha cancellato per sempre migliaia di vite e altrettante ne ha segnate per sempre.
La valutazione complessiva delle conseguenze sulla salute umana del disastro è impossibile. I dati sono discordanti. Nessuno sa con certezza quanti uomini sono morti a causa del disastro di Chernobyl, quanti si sono ammalati per le radiazioni. Il nucleare non è più quello di allora, ripetono come un mantra i nuovi e vecchi sostenitori del suo ritorno in Italia. Il progresso garantisce che non ci sarà più alcuna Chernobyl. Questo potrebbe essere ragionevolmente vero. Ma non basta.
Oltre al fatto che il nucleare resta la fonte di energia più costosa, non è economicamente conveniente, a oggi non esiste un solo luogo al mondo dove si possano smaltire definitivamente le scorie con sicurezza. E questa è una ragione sufficiente per dire no al ritorno del nucleare. Finché ci sarà anche una probabilità su un milione che si possa verificare un disastro anche cento volte minore di quello di Chernobyl io sarò contrario al nucleare.
A Minsk c’è un ospedale oncologico pediatrico all’avanguardia. Le famiglie vengono da ogni parte della Russia per assicurare le cure migliori per i loro figli. Storie diverse, ma accomunate dalla stessa malattia: tumore. Eppure, dopo 25 anni, la lezione sembra tutta da imparare. |