Federico Luzzi

"Non soltanto la mia infanzia e la mia puerizia ma tutte le età vivono in ogni pietra, in ogni mattone, in ogni fil d'erba, in ogni ago di pino della mia città natale e fetale" (G. D'Annunzio)

Quello che è capitato a Federico Luzzi lascia sgomenti. Il pensiero che un ragazzo possa morire così è intollerabile. Stroncato da una leucemia fulminante in meno di sei giorni. Incredibile e terribile allo stesso tempo.

Tanto più per un atleta, un tennista. La morte non guarda in faccia proprio nessuno. Nemmeno un giovanotto aitante, un metro e 88 cm, di soli 28 anni. Tennista aretino campione europeo da under 14 ma poi fermatosi a n.92 delle classifiche mondiali perché al naturale talento e alla notevole personalità, non aveva sempre saputo accompagnare la necessaria continuità di risultati.

E’ sempre difficile accettare la perdita di qualcuno che amiamo, anche quando la malattia e la sofferenza stanno pian piano distruggendo lui e noi che magari gli stiamo accanto da diversi anni. E a distanza di tempo ci chiediamo ancora: “perché proprio lui? cosa ha fatto di male?”. Sono domande alle quali nessuno riesce a darsi risposte e subentra una lenta rassegnazione. E’ ancora più difficile accettare il distacco quando a “rubarti” quella persona è una malattia improvvisa.

Mai un malore, mai un disturbo, mai un segnale. La leucemia è una malattia neoplastica contro la quale anche gli scienziati sono ancora impotenti; le cause che provocano questo tumore del sangue sono molteplici e ancora poco conosciute. Può colpire persone di ogni età, anche bambini.

E Federico di anni ne aveva solo 28; un ragazzo chissà con quanti sogni ancora da realizzare, che dopo due giorni di coma gli sono stati improvvisamente strappati.Mi piace ricordare Federico come lo vidi in televisione nel 2001, nel corso di un entusiasmante match di Coppa Davis contro la Finlandia: Luzzi vinse per 14-12 al quinto set (dopo ben 4 ore e 35 minuti).

Ho sempre avuto una grande passione per il tennis, ma quello fu uno degli incontri più combattuti e spettacolari che io abbia mai visto. A due anni e mezzo di distanza è ancora molto bello parlare di Federico, delle sue magie in campo, che lui chiamava simpaticamente “Luzzate”, del suo carattere particolare, delle sue avventure, dei suoi sogni.

Federico ci manca oggi più che mai, ma siamo sicuri che lassù starà pensando ad una nuova “Luzzata”.

 
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