“ARBEIT MACHT FREI“
Succede a volte che mentre vai in stampa accadono cose che ti fanno cambiare le priorità. Non vuole e non può essere così stavolta perché da giorni ho deciso che vi avrei preso per mano ed accompagnati altrove, fuori dalle miserie di questo paese , in un viaggio che avete la facoltà di criticare ma non di rifiutare. Un po’ perché queste ore stanno in mezzo ad una ondata di partite ( turno infrasettimanale serale ad inizio febbraio: geniale, metà partite a rischio e si continua a non giocare ad agosto di sera!) e tanto anche perché i temi della domenica sapevano di vecchio. La fuga piena di rabbia e sudore del Milan, lo scippo pieno di “fattore C” dell’Inter, lo sfortunato e consueto suicido del Palermo, tanto, tanto, tanto Cavani. Rimandiamo alla prossima puntata. E sicuro di questo stavo per prendere l’aereo (capirete poi …) , quando mi piove addosso una gradinata che non posso non commentare.

Un vecchio adagio racconta che in alcuni casi della vita (volgarmente sotto la cintola) per non sentire troppo male è meglio stare fermi. Metaforicamente ma realisticamente: possono una società in confusione , un presidente che non conosce il mestiere ed un allenatore di quartiere sedersi finalmente ad un tavolo e pensare di recuperare infortunati, umore e temperamento a stare fermi? Oppure è obbligatorio farsi altro male acquistando in 15 giorni Luca Toni ( inservibile ed invendibile), Barzagli ( modesto e vecchio) ed addirittura Matri, 26 anni, nessuna esperienza, non una punta centrale per quasi 20 milioni di euro + ingaggio ? ma si può? Fermateli. Non so chi ma fermateli. E lavorate su un’ idea semplice: riportare a Torino come allenatore Carlo Ancelotti, con potere totale. Esperto , umile, ironico, realista e magari si porta anche dietro qualche giocatore finalmente decente. E magari la Vecchia Signora torna anche tale mandando a quel paese quella parte del suo tifo becero che lo aveva insultare per 2 anni . Chissà …

L’aereo sulla pista non aveva l’aria rassicurante , ma forse solo perché, come sempre Diego soffriva i voli. Usava per vincere la paura un vecchio trucco, come quando non dormiva. Pensava ad una partita di calcio, importante e bellissima e la mente andava via, dove poteva riposare. Così mentre tagliava le nuvole e forse sotto o giù di lì ci stava un pezzo di Germania, pensò veloce : “ ma quali sono le 3 partite che mi hanno più emozionato in vita mia ?” Avrebbe voluto chiedere a Carmine perché di tutta la cordata di 5 “ fuggiaschi” era il più vicino di età , ma stava dormendo ed allora si rispose da solo.

Estate 1970: ITALIA – GERMANIA 4.3 : la partita delle partite, noi sbeffeggiati dai tedeschi perché molli e senza “pelo sullo stomaco” da sempre, vincevamo con tanto pelo e tanto stomaco, godendo nel vedere arrancare i panzer. Alla fine, lì, a terra e senza più sangue Maier, Seeler, il mitico  Beck, Muller. Li abbiamo stesi magari senza usare i mezzi con cui loro avevano steso molti nostri connazionali, qualche decennio prima. Un’altra storia questa … ma sveglia Diego, l’aereo atterra a Cracovia. Ma che ci fanno 5 amici in una tiepida giornata di fine ottobre in Polonia? A questa domanda rispondere anche Piero, anche Lorenzo, anche Daniele. Dopo anni di promesse e con motivazioni e convinzioni anche un po’ diverse i 5 maschietti hanno mantenuto una promessa di una lontana notte d’estate : “AUSCHWITZ”.

La notte che precede la visita al campo di concentramento spedisce nel buio delle camere qualche tormento. C’è voglia , ma anche qualche turbamento, si riposa male. Allora il trucco per l’addormentamento forzato viene esteso al gruppo e si decide di scegliere come pillola da sonno la seconda partita più eccitante della storia . Daniele si fa largo a gomitate e non accetta discussioni: lui, all’epoca dodicenne ma con la casa già piena di amuleti da malato di football tuona. Estate 1982: ITALIA – GERMANIA 3.1 … ma che bel sapore quella sera, campioni del Mondo, campioni del mondo, campioni del mondo ma soprattutto il ghigno cattivo e le lacrime di “bestie umane” come Stilike, come Schumacher … ancora loro a terra grandi e grossi, ancora noi in piedi gracili ( P.Rossi), eleganti (Scirea), veloci ( Tardelli). Ancora noi a sparare palle in rete, mentre forse loro , come spesso han fatto, vorrebbero sparare e basta.

E’ un sabato di inizio novembre quando un rudere di pullman porta Diego, Carmine, Lorenzo, Daniele e Piero, attraverso una coloratissima valle del nord Europa, ad Auschwitz. C’è un buon clima, ma ognuno sa che sta per accadere una cosa che cambierà un po’ la loro vita . non è Italia – Germania ma sembra lo stesso di andare verso un luogo da conquistare. Quando a passo lento, in un silenzio inaspettato, si passa sotto la scritta più importante di sempre ( Arbeit Macht Frei ) , i brividi che senti salire hanno una sottile parentela con il gol di Tardelli in Spagna: ogni volta ti emozioni di più. Scorre lenta la mattina, i luoghi sono talmente ben tenuti da dare quasi fastidio. Ogni edificio ha un senso o forse un “ non senso”. Poi la visita passa davanti ad una fila di edifici, ognuno è la prigione di un paese, di un popolo … Polonia, Ungheria, Russia, Italia …. Come un villaggio olimpico , popolato da fantasmi a cui la vita ha chiesto di giocare una partita che si poteva solo perdere. Qualche goccia di pioggia bagna l’ultimo pezzo. Meno male , perché quando un’ala del lager propone un’immensa stanza piena di foto, scarpine, vestitini di bimbi trucidati dalla follia tedesca, le lacrime scendono facili ed è giusto che la pioggia le cancelli subito. Anche dai nostri volti, anche da chi, fra i cinque amici, nella vita quotidiana interpreta il ruolo, del duro senza esserlo per davvero. Lorenzo non regge la visita e si perde spesso per i resti del campo, Carmine prova a fare qualche commento ma si accorge che sarebbe banale parlare, Daniele e Piero, come sempre, nascondono bene la maschera. E Diego, che tanto aveva atteso quegli attimi, si incammina rapido, ripassa sotto la “linea della porta”, traduce la ferale scritta: “ Il lavoro rende liberi” , toglie per un attimo la crudezza di quella originale. Più volte si girano indietro e forse, senza dirselo, a tutti sembra di vedere alcuni uomini in calzoncini corti, sorridere. Sembra di vedere … Bonisegna, Burnich, Riva, Rivera … P.Rossi, Tardelli, Altobelli … Grosso, del Piero … sembra di vedere quelli che con mezzi leciti ci hanno vendicato su un campo di calcio, non “ di concentramento “ Sembra di sognare.

C’è il silenzio totale che accompagna il ritorno, ci sono gli sguardi convinti e poi la notte, ancora una volta, per dormire ed i 5 amici vorrebbero la terza partita per aiutarsi e per avviarsi ad un sonno lieve. La sceglie Pero e non c’erano dubbi : DORTMUND (GERMANIA) – ITALIA 0.2. e voltandosi indietro nel buio di quelle stanze, come nella piccola strada del campo della morte … non c’è Riva che in diagonale vince, non c’è Rivera che di piatto vince,non c’è Tardelli che urla e vince, non c’è Grosso che esagera e vince.

No. Stavolta ci sono i milioni di eroi , ci sono quei bimbi; stavolta ci siamo noi che siamo andati a vedere,  perché qualcuno, fra un po’ e come sempre, non ci racconti che non è successo nulla
 
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