Orgoglio rossonero al Camp Nou
Cosa avrebbe mai fatto questo grande Barcellona contro il mio Milan più caro, il Milan più forte della Storia, quello di Sacchi?
E' la domanda che mi facevo a occhi sbarrati mentre le continue ondate di quella marea straripante di centrocampisti si abbattevano fragorose sulla nostra difesa, martedì sera, lasciandomi come tifoso spettatore un senso latente di impotenza, credo condiviso con milioni di appassionati che, come me, seguivano l'epica sfida in televisione.

Dopo l'immediato vantaggio di Pato, e pur dopo un decoroso inizio, culminato in almeno altre due o tre azioni pericolosissime (con anche la segnalazione di un paio di fuorigioco perlomeno dubbi), l'infortunio e la conseguente uscita di Boateng avevano ormai disassato completamente il nostro schieramento perché Ambrosini non è visibilmente ancora entrato in condizione e Seedorf, magnifico da centrocampista laterale, era sparito da trequartista, nella nuova posizione ritagliatagli da Allegri al posto di Prince, così come Cassano, mai entrato veramente in partita, consentendo al gioco blaugrana di impossessarsi completamente della nostra metacampo e di cominciare a giocare a calcetto su uno spazio ridotto della metà, come preferisce.

Una lenta, perentoria asfissia, che senza quasi accorgercene costringeva i nostri a non tenere più un pallone che fosse uno, ed in più di una circostanza sembrava sul punto di sommergerci, soprattutto dopo il pareggio di Pedrito, lasciato colpevolmente solo davanti ad Abbiati da un poco attento Zambrotta dopo una veloce e ficcante incursione a sinistra della Pulce, Lionel Messi,  ai limiti della nostra area piccola, vanamente contrastato dal pur encomiabile Abate, ormai il più forte terzino destro italiano, con buona pace di Prandelli....
Come tutti voi, fratelli milanisti, ho temuto il diluvio, dopo aver visto il lieve tocco sotto porta di Pedro, e quando poi, appena cominciato il secondo tempo, la nostra rete si è gonfiata una seconda volta grazie alla punizione di Villa, graziosamente concessa da un arbitro che dicevano inglese, ma che tale non sembrava visto il suo modo di condurre le danze, per un fallo inesistente di Cassano sul quell'attore da recita parrocchiale che è Bousquets, non nuovo a simili prodezze, ho seriamente temuto di prendere l'imbarcata: già m'immaginavo i sorrisini di compatimento di amici e conoscenti interisti, ancora ben lontani dal pensare che soltanto ventiquattr'ore dopo avrebbero passato momenti ben peggiori nella sfida interna col Trasponder (cit. Fiorello)...

Venivano avanti a folate, inevitabili, con la stessa arrogante presunzione dei brasiliani dell'82 nel cui ricordo avevo speranzosamente affrontato la vigilia della sfida: avevo sedici anni, quel 5 luglio di ormai ventinove anni fa, e avevo visto la sfida mondiale contro Zico e Falcao, Socrates e Junior, Eder e Cerezo in un piccolo alberghetto dell'appennino toscano, circondato dai vecchietti del paese,  grazie a un vecchio 24 pollici a colori assiso su un trespolone a due metri di altezza...
Ma qui tutto sembrava precipitare, gli attacchi loro erano sempre più insistenti, la nostra difesa puntuale ma ogni secondo più affannosa: entrava Aquilani per l'esausto frangiflutti Van Bommel, Emanuelson sostituiva il non pervenuto Cassano, ma la nostra area sembrava sempre più un fortino assediato, ormai senza più munizioni, una incruenta Giarabub presa d'infilata da tutte le parti, violata, calpestata, bombardata da tutte le parti, ma che pure teneva, impavida, orgogliosa, tenace.
Sembrava di sentirla, l'antica canzone di Carlo Buti :”Colonnello, non voglio il cambio, qui nessuno ritorna indietro! Non si cede neppure un metro,...”

Eppure gli eravamo ancora addosso, li tenevamo inchiodati a quell'incertissimo 2-1, e per quanto si sforzassero, per quanto ci soffocassero col loro reticolo di tocchi e tocchetti mortiferi, per quanto ormai presidiassero tutte le nostre linee di passaggio, impedendoci di uscire dai nostri sedici metri, non riuscivano a tirare se non da lontano, disordinatamente, quasi increduli di fronte alla loro incapacità di superare le nostre doppie, triple, quadruple linee di contenimento, abituati come sono a dare caterve di gol a qualsiasi avversario gli si pari davanti...
E quando lentamente, molto lentamente, abbiamo ripreso negli ultimissimi minuti un po' di campo (anche i blaugrana sono umani, in fondo, non possono andare a cento all'ora sempre), ecco proprio in quel momento, forse, Guardiola ha avuto un presentimento, ha compreso che stava per accadere Qualcosa, ed ha mandato dentro il vecchio ed acciaccato Puyol, capitano di mille battaglie, unico difensore “vero” della sua squadra.

Ed all'ultimo contrassalto, uno dei pochi che siamo riusciti a fare, quando il buon Nocerino ha un po' sgraffignato quell'ultimo calcio d'angolo, che poi era solo il secondo, in quel preciso momento ho avuto IO l'illuminazione...
Il terzo gol dell'Italia al Brasile, il terzo gol di Paolo Rossi, nato anch'esso da un calcio d'angolo, sia pure favorito da una sorta di rimpallo alla cieca nella loro area di rigore, e con quel falco di Pablito, fino a quell'incontro un autentico fantasma, che si materializza all'improvviso e non si sa come tocca un pallone ormai impazzito e lo manda per la terza volta alle spalle di quel pippone di Waldir Perez...

“Colonnello, non voglio il pane, dammi il piombo del mio moschetto...”
E il piombo è arrivato, stavolta, sotto forma della lucida palombella di Seedorf, con la capocciata risolutiva dell'immenso Thiago Silva, per la gioia dei milioni di milanisti alla tivvù ed il rosicamento di tanti altri di diverso sentire...
Non c'era più il tempo per il magnifico Barcellona di invertire il corso delle cose, il 2-2 era scritto ormai, impossibile da cambiare nemmeno per Messi & company...

Giusto? Ingiusto?
Hanno un senso queste domande? Per noi milanisti, poi? Noi che abbiamo vissuto la più grande tragedia sportiva della Storia, il 3-3 di Istanbul? Noi che abbiamo perso una finalissima di CL coll'Olimpique Marsiglia, nelle circostanze che poi abbiamo saputo, dopo 10 vittorie consecutive su 10? Noi che abbiamo subito sulla nostra pelle la maledetta estate di calciopoli?

Dobbiamo solo essere orgogliosi di aver strappato un pari al Camp Nou, in circostanze d'emergenza, pieni d'infortunati, contro una squadra più rodata, più forte e più in salute di noi.
Tutto il resto è discussione oziosa e non ci deve riguardare.

Ma questo Barcellona è più forte del Milan di Sacchi o no?
Ne parleremo in un'altra occasione...
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