“SIC TRANSIT GLORIA MUNDI”
Ringrazio l'amico Giampiero Sabato per avermi così egregiamente “sostituito” la volta scorsa, Spero che il mio forfait obbligato non abbia creato troppi problemi ai curatori di questa bellissima comunità che è diventata Milan Day e mi scuso  con loro, i loro collaboratori e con tutti i lettori

E' inutile che ci giriamo intorno.
Questa settimana, da un punto di vista milanista iniziata benissimo col trionfo sul Palermo di sabato 15, proseguita con l'agevole vittoria sul Bate Borisov del martedì successivo in CL e completata poche ore fa con l'incredibile rimonta a Lecce, è stata funestata da tre autentiche tragedie umane, due improvvise, che trovano nel mondo sportivo le loro radici e lì forse, e purtroppo, esauriranno la loro valenza mediatica, ed una, largamente annunciata, che esce dal contesto cronachistico per “tracimare” nel vero e proprio ambito storico.

Mi riferisco, come forse avrete già capito, all'incidente in Formula Indy che ha portato alla terribile scomparsa del pilota britannico Dan Wheldon a Las Vegas domenica 16, all'assurda fine (mio Dio è accaduto solo circa sette ore fa!) del povero Marco Simoncelli sul circuito malese di Sepang, ed al tragico epilogo, insieme grandioso e umiliante, della vicenda umana di uno degli ultimi dittatori presenti sulla scena mondiale sin dall'epoca della guerra fredda, il libico Muhammar Gheddafi...

Scusate, lo so che qui si dovrebbe parlare soltanto di sport, di calcio, di Milan, ma passata la breve finestra temporale nella quale si sono concentrate le violentissime, contrastanti, depresse prima esaltanti poi, emozioni di quest'incredibile Lecce-Milan 3-4 il mio pensiero in questo momento non fa che andare alle immagini impietose di Sepang, a quella incredibile caduta, quasi banale nella sua dinamica eppure dagli esiti così imprevedibilmente mortali, che ci ha portato via Marco Simoncelli, giovane, talentuosissimo eroe delle due ruote, tifoso milanista tra l'altro, spaccone come pochi ma quanto spettacolare, quanto vitale e quanto...simpaticamente antipatico...
Lo confesso, il motociclismo lo seguo poco ed il personaggio in questione non era tra i miei preferiti nel mondo dello sport: non c'era un perché, mica lo conoscevo, era una di quelle simpatiche antipatie “a pelle”, almeno così credevo, che tutti noi proviamo verso delle persone che vediamo in tv, senza un vero motivo, senza alcun fondamento razionale, magari era l'invidia per la sua età da parte di chi, come me, ha (aveva ormai) quasi il doppio dei suoi anni, magari il suo fare troppo sbarazzino, magari  il suo terribile accento romagnolo, che ne so...
Ma quanto male mi fa vedere la scena di quell'assurdo incidente a Sepang, una di quelle classiche situazioni in cui non c'è test che tenga, non c'è possibilità umana di comprensione e di previsione, non ci sono appigli tecnici, umani, strutturali che possano giustificare la perdita apparentemente così gratuita di una vita umana, posto che una giustificazione si debba sempre trovare in tutte le cose, la somma presunzione umana di credersi sempre in grado di dare un perché a tutto, senza rendersi conto che, in realtà, siamo troppo piccoli per dominare ogni situazione e che, almeno qualche volta, ci si deve accontentare semplicemente di prendere atto...E basta...
Marco andava tranquillo, come può andare tranquillo un pilota di professione impegnato in una gara sportiva di altissimo livello mondiale, era il secondo giro, le ruote non erano calde, il terreno era asciutto, i piloti erano ancora tutti lì...E Marco è caduto, è caduto come altre volte è capitato senza che nulla di grave succedesse, perché sia capitato non lo sapremo mai, ma è caduto...Ed è successo quello che è successo. Il Destino aveva scelto la sua ora, davvero si devono fare tante discussioni, dire tante parole? Ci sarà la solita inchiesta, è giusto, qualcosa troveranno, si introdurranno nuovi protocolli di sicurezza, magari si adotteranno nuove norme tecniche e di comportamento alla guida, ma nulla restituirà ai suoi affetti, al suo team, a tutti noi la spigliata gioia di vivere del povero Marco.

E nessuno potrà restituire a sua moglie Susie ed ai suoi piccolissimi due figli Dan Wheldon, il pilota inglese deceduto domenica nel corso della 300 miglia di Las Vegas, una prova del circuito Indy: macchine che corrono al limite dei 400 orari, su circuiti fatti apposta per esaltarne la velocità estrema, in un contesto agonistico di altissima competitività, tra centinaia di migliaia di spettatori entusiasti.
Dan non aveva avuto moltissima fortuna con le corse in Europa ed aveva trovato in America la sua vera dimensione: tuttavia anche lì ora era tornato a correre per scommessa, nel senso letterale del termine, in quanto aveva corso da pilota non regolare dopo aver fatto solo due Gran Premi in stagione, scommettendo col suo patron che se avesse vinto a Las Vegas quest'ultimo gli avrebbe donato un assegno di 5 milioni di dollari, che lui avrebbe spartito a metà con un suo fan e con una raccolta di fondi contro l'Alzheimer.
Una lucida, forse sconsiderata pazzia, certo, quasi una ultima spacconata (era costretto in tal modo a partire per ultimo, su ben trentaquattro partenti), ma con un fine nobile, che denotava un animo profondamente sensibile. E lo conferma anche quanto si è saputo solo dopo la sua morte: la sera precedente il pilota si era reso autore di un gesto tenerissimo nei confronti della giovane moglie, sposata nel 2008, perché si era tatuato il suo nome sul corpo.

Parrà strano, quasi sacrilego, voler accomunare al destino di questi due personaggi, Dan Wheldon e Marco Simoncelli, quello di un uomo sanguinario, folle, malmostoso come il dittatore libico Muhammar Gheddafi.
Eppure anche questa figura, così discutibile e discussa per l'intera sua parabola umana, nelle sue diverse vesti di politico, militare, dittatore, finanziatore di terroristi e terrorista lui stesso, alla fine ha trovato in questa settimana la sua fine, in un modo insieme grandioso e miserabile, spettacolare e grandguignolesco, ma soprattutto, ed è questo che sconvolge, UMANO, terribilmente UMANO...
L'uomo ormai era convinto di essersi assicurato una serena vecchiaia, nei limiti concessi ad un dittatore ovvio...Aveva passato la prima fase rivoluzionaria, trescato coi sovietici, fatto il terrorista, si era inimicato un po' tutti, nemici e anche amici, interni ed esterni, era stato bombardato, l'aveva scampata bella, era sopravvissuto alla caduta del muro ed aveva cominciato un lento riavvicinamento all'Occidente, con cui alla fine (e non solo con Berlusconi, sia ben chiaro, ma con TUTTI, Sarkozy in primis) era diventato aperto amico in chiave chiaramente affaristica e anti AL QAEDA...Era una macchietta ormai, con le sue divise sgargianti e le foto attaccate con la spilla al petto della giacca, ma una macchietta che comandava su un territorio che affoga nel petrolio e che comunque governava con piglio durissimo ed al di là di qualunque concezione democratica un paese contraddittorio e difficile, la Libia dei suoi padri e delle tante tribù in continua lotta tra loro...Un dittatore come tanti altri, ormai, in fondo, né peggio né meglio dei tanti che hanno contraddistinto la storia dell'Umanità sin dai suoi albori, ma  la cosiddetta Primavera araba e gli interessi concreti di ben precisi paesi europei ne avevano ormai sanzionato l'evidente incompatibilità col mondo nuovo che va affermandosi.
Sapeva troppe cose, sulla strage di Bologna, sulla tragica fine dell'aereo dell'ITAVIA, su Lockerbie, sulle connivenze coi servizi, sul terrorismo internazionale...La sua fine era annunciata.
E qui sovviene il ricordo personale: nel 1986, quando fece lanciare il missile su Lampedusa, la caserma dove era di stanza mio padre, ufficiale di artiglieria, entrò in allarme, e sembrava stesse per cominciare un confitto armato con la Libia. Avevo vent'anni, allora, proprio venti, l'età di chi in questi casi potrebbe essere chiamato in qualunque momento a sostenere il DOVERE SACRO di difendere la Patria... L'ho odiato, Gheddafi, insultato tante volte, ma è comunque morto combattendo, e si è arreso solo alla fine. Di fronte ad una canea urlante, ebbra di sangue e di vendetta, che poi l'ha ammazzato, a sangue freddo. Credo di non essere stato l'unico ad andare col pensiero alla “macelleria messicana” di Piazzale Loreto.

Non ho provato gioia. Non più ormai. Solo tanto triste disincanto, e forse...Posso dirlo? Anche tanta, tanta, ma veramente tanta umana pietà...Forse la nostra tanto decantata Umanità in certi casi si prende delle terribili licenze: voglio sperarlo, almeno, non posso credere che sia QUESTA, solo QUESTA, la nostra Umanità...
“Sic transit Gloria mundi”, così ha commentato Silvio Berlusconi, con riferimento alla  morte di Gheddafi.
E' proprio così.
Per tutti, in fondo. Dio perdoni la nostra umana fragilità.

Dalla prossima volta, promesso, parlerò solo di calcio
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