IL DESTINO E LA GLORIA
Io credo molto nel Destino.
In tutto il corso della mia esistenza ho verificato con mano quanto sia importante assecondarne il corso e quanto invece spesso dannoso risulti il discostarsene. Non sempre quello che accade è facilmente interpretabile, non è che si tratti sempre di  circostanze facilmente leggibili, in molti casi possono anche essere addirittura negative, ma se si ha la forza di esaminare con calma il corso degli eventi, magari a distanza di tempo, spesso si riesce a trarne utili indicazioni per la vita, che entreranno a far parte di quel patrimonio di conoscenze, storie, esperienze che consentiranno, poi, di capire cosa il Destino vuole da te e come potrai comportarti poi nel futuro, in circostanze analoghe ed anche diverse, perché no...

Questa è la mia esperienza, certo, e non posso razionalmente pretendere che sia sempre così e che tutti la pensino allo stesso modo di come la penso io, ma da appassionato di Storia vedo molte conferme per quanto concerne la vita degli Stati, dei Popoli, delle Civiltà, ma soprattutto degli Uomini che queste parolone finiscono per comprendere tutte insieme, sotto diversi significati, quasi fregandosene della loro singola, irripetibile, meravigliosa individualità.

Nel suo piccolo, tornando all'argomento più spicciolo di questa umile rubrica, credo che il Destino segua anche le vicende calcistiche, “le più importanti tra quelle meno importanti”, come disse un acuto osservatore di costume, ed il Milan ne sia un significativo esempio.
Francamente credo che nel panorama calcistico nazionale sia ravvisabile solo un'altra squadra in cui il Destino abbia così incisivamente influito sulla sua Storia, sia pure su dei piani diversi e sicuramente più tragici, tanto da costituirne quasi una indelebile cifra identificativa, e parlo del Torino, una squadra, una tifoseria, un'Idea di calcio che trovano in due assurdi eventi, e cioè la sciagura di Superga e l'incredibile morte del genietto Meroni, la loro vera ragione identitaria.
Ma al di là delle vicende storiche della squadra granata, che credo la rendano simpatica a tanti tifosi rossoneri, forse anche per una sorta di inconscia solidarietà di fondo, anche l'esistenza del Milan è stata contrassegnata da tanti alti e bassi, che però rendono conto di un evidente fil rouge che ne costituisce il tratto distintivo rispetto alle altre due grandi tradizionali del nostro calcio.

Dopo i tre scudetti dei primordi, per ben 44 anni, dal 1907 al 1951, la squadra rossonera non ha mai vinto un campionato, anzi ha visto trionfare tante volte non solo Juve e Inter, ma anche Genoa, Bologna, persino realtà piccole e piccolissime come Pro Vercelli, Casale e Novese (anno 1922, quando l'Inter arrivò ULTIMA e retrocesse ma incredibilmente riuscì lo stesso a rimanere in A, dopo un estemporaneo spareggio vinto con tale Libertas Firenze), eppure la sua tifoseria è sempre rimasta compatta, numerosa, appassionatissima; addirittura il suo stadio, San Siro, sorto nel 1926 per volontà del presidente Piero Pirelli, ennesima dimostrazione di quella tipica nostra capacità di visione che avrebbe trovato in Silvio Berlusconi la sua più grande espressione, era diventato nel 1935 l'impianto principe della città di Milano, tanto da essere usato persino dagli odiati cugini, nati dopo, nati male e sempre a rimorchio...

Era la stessa capacità di visione che portò alla costituzione, primi in Italia, del centro sportivo di Milanello, il più prestigioso d'Europa, nato nel '63 per volontà dell'altro grande presidente della nostra storia, il più grande dopo Super Silvio, il mitico Andrea Rizzoli, colui alla cui guida il Milan, ormai plurivittoriso in Italia e già finalista nel '58, sconfitto immeritatamente 3-2 ai supplementari dal grandissimo Real Madrid di quei tempi, trionfò, prima squadra italiana, in Coppa Campioni, nel 1963, a Wembley, contro il magico Benfica di Eusebio.

Da quel momento la nostra statura europea e mondiale si è sempre più svelata nella sua completezza e nonostante si vincesse di meno in Italia, non solo per nostri effettivi demeriti, siamo sempre restati saldamente i più titolati tra le squadre italiane nelle vittorie euro-mondiali: in Italia persino lo scudetto clamoroso della stella, vinto nell'anno post Mondiale d'Argentina, è stato in effetti semplicemente un piacevolissimo incidente, un incidente che ben presto ci è stato fatto pagare con lo scandalo scommesse, uno scandalo nel quale certo eravamo coinvolti, ma non meno di altre società che pure passarono indenni nonostante l'evidenza dei fatti a loro carico.
Eravamo vaso di coccio tra vasi di ferro, dignitosa nobile di seconda fila apparentemente condannata ad un dignitoso tran tran, eppure continuava quella lenta discesa verso gli Inferi che sembrava mai finire: la seconda B col triste epilogo di Cesena e lo scandalo contestuale di Napoli-Genoa, la ingannevole risalita con Castagner, l'umiliazione dei matrimoni a Milanello, la gioia fugace del colpo di testa di Hateley sul “traditore” Collovati, fino a precipitare nel quasi fallimento di Farina...

Eppure, eppure proprio allora si compiva il Miracolo: nel momento più basso della nostra Storia cominciava allo stesso tempo il nostro periodo più fulgido e glorioso, grazie all'avvento di Silvio Berlusconi, un Uomo, un'Idea, un Sogno che hanno cambiato la nostra vita di tifosi per sempre.
Abbiamo vinto di tutto e di più, forse veramente troppo per quello che il Destino ci poteva concedere, e dopo l'antipasto della terribile e gloriosa sconfitta di Istanbul, paragonabile forse solo a quella di Verona del '73, ecco nel 2006 il secondo fatto più devastante della nostra Storia, quell'infamia di Calciopoli che il recente tentativo del tavolo della pace ha provato pateticamente a trasformare nella solita, democristiana pantomima del “Finiamola  a tarallucci e vino”, beccandosi un inevitabile e clamoroso “muffettone” sul muso (permettetemi la licenza dialettale pugliese).
Anche in quel momento però il Destino, chissà, magari consapevole di troppo averci tolto tra Istanbul ed i magheggi  moggiani, e andando indietro magari anche con la monetina di Alemao e la truffaldina finale con l'Olimpique Marsiglia, ha avuto un minimo di compassione e ci ha consentito di prenderci la nostra rivincita con il Liverpool ad Atene nel 2007 e poi il Mondiale con il Boca Juniors in quel magico dicembre, a vendicare sportivamente la sconfitta subita ai rigori nel 2003, ultimo squillo internazionale della squadra per la quale tifiamo.

Dopo quel trionfo a Yokohama un nuovo periodo di buio ha attraversato le nostre vite tifose, in parte coincidente anche con l'appannamento delle vicende personali del nostro grandissimo Patron: nel 2008 siamo usciti ingloriosamente agli ottavi di CL con l'Arsenal, ma è soprattutto con la cessione di Kakà, dettata da inderogabili ragioni economiche ma gestita sul piano comunicazionale in un modo francamente imbarazzante, che per la prima volta persino Silvio Berlusconi è stato messo pesantemente in discussione da gran parte del tifo milanista, una contestazione che ha assunto toni clamorosi nell'ultima giornata del campionato 2010, quando gran parte dell'intero nostro stadio si è schierato a favore di Leonardo apertamente contro la proprietà, una scelta di cui col tempo un po' tutti si sono pentiti, avendo riposto la propria incondizionata fiducia in un uomo che non la meritava, non tanto per le scelte fatte quanto per il MODO con cui le aveva fatte.
Ma il tempo era maturo per una nuova resurrezione: lo si è capito solo pochi mesi dopo, quando con un colpo di mercato magistrale Adriano Galliani si è assicurato i servigi di Ibrahimovic, di Robinho e del misconosciuto Boateng.

L'Inter, uscita non solo immeritatamente indenne ma trionfatrice da Calciopoli, stava ormai esaurendo il suo ciclo propulsivo ed abbisognava solo della spintarella finale e noi siamo stati i primi ad accorgercene: si è capito da quale parte pendesse la bilancia del Destino quando, alla vigilia dello scontro del  2 aprile, una squadra di Mourinho, il cantore epico dell'Inter vincitrice della CL, ha perso in casa per la prima volta da anni, e poco conta che fosse il Real Madrid e che il campionato fosse quello spagnolo, per chi era in grado di coglierlo si trattava di un segnale ben chiaro, doppiato dalla vittoria nel derby di categoria della nostra squadra primavera, approdata così alle finali nazionali.

Come sia andato quello scontro epocale lo sappiamo, come sia finito il campionato pure, come sia andata a Pechino anche. Ora il Destino ci riserva un'altra opportunità: affronteremo agli ottavi di CL l'Arsenal, quello stesso Arsenal che nel 2008 aveva decretato l'inizio dell'ultimo periodo buio.
L'Arsenal ci ha fatto finire un ciclo in Europa, l'Arsenal ce ne farà ricominciare un altro?
Con una nuova, grandissima rivincita dopo Liverpool e Boca?
Dobbiamo comunque meritarcelo, non è cosa che avvenga gratis.
Sapremo cogliere questa nuova opportunità che il Destino ci regala?

Buon Natale, amici lettori, e Felice Anno Nuovo. A voi ed alle vostre famiglie.
Di cuore.
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