L'uomo del derby

 

verzaNel calcio, come nella vita, tutto è relativo. Può accadere che ci siano anni in cui la tua squadra del cuore navighi nell’assolto anonimato, il tifoso si debba accontentare di quello che passa il convento e per i suoi sogni si aggrappi a qualcuno che in altri tempi (quelli del successo) sarebbe considerato uno dei tanti. Anche negli anni bui i tifosi hanno dei sogni: sognano di poter tornare ai fasti di una volta, sognano che la squadra riesca ad arrivare il più in alto possibile in classifica (anche se è impensabile pensare di vincere), sognano di vincere una partita contro le rivali storiche del campionato (Inter o Juventus). Capita così che questi sogni vengano “affidati” al giocatore più talentuoso, a colui che coi suoi colpi di genio possa stravolgere un destino che altrimenti sarebbe segnato. Negli anni di cui tratteremo (primissimi anni Ottanta), l’uomo che accendeva la fantasia del tifoso milanista portava il nome di Vinicio Verza! Di lì a poco sarebbero cominciati quelli che vengono definiti “i migliori anni della nostra vita”, caratterizzati, per un quarto di secolo, da una schiera infinita di campioni di livello internazionale, ma è comunque con grande piacere (ed un po’ di tenerezza) che ci soffermiamo su uno dei protagonisti di un Milan comunque bello da ricordare.

In quegli anni non c’era una grande simpatia per i giocatori che avevano avuto trascorsi con la maglia della Juventus, ma forse perché era stato un personaggio di secondo piano della squadra di Trapattoni o forse perché si era “purificato” con una stagione trascorsa con la maglia del Cesena, i tifosi del Milan accolsero con favore l’arrivo di Vinicio in rossonero, ed ancor di più si affezionarono a lui nel corso degli anni.

Dopo aver trascorso un anno nel Vicenza insieme a Paolo Rossi e dopo quattro stagioni vissute nella Juventus (molto chiuso dalla presenza in bianconero dei vari Causio, Tardelli e Furino), il padovano di Boara Pisani Vinicio Verza arriva al Milan nell’estate del 1982. E’ l’estate dell’Italia campione del Mondo in Spagna, ed è anche l’estate in cui il Milan si appresta a disputare per la seconda volta il campionato di Serie B. A differenza dell’esperienza precedente, stavolta la società decide di ringiovanire completamente la squadra, e così salutano la compagnia i vari Novellino, Maldera, Buriani ed Antonelli e vengono buttati nella mischia i ragazzi del ’63 (Battistini, Evani ed Icardi), i tre arrivi dall’Inter Serena, Canuti e Pasinato (in cambio del “traditore” Collovati) ed i rinforzi Verza, Manfrin e Damiani (l’unico arrivo oltre i trenta). A guidare il tutto Ilario Castagner.

Verza è un calciatore dalle eccellenti doti tecniche, dotato di buon talento, con movenze eleganti, un ottimo dribbling ed un bel tiro dalla distanza. Nel corso della sua carriera gli aveva fatto un po’ difetto il carattere, e, come tutti “i geni”, non era mai riuscito a dare una solida continuità alle proprie prestazioni. Le grandi prestazioni seguite da gare completamente anonime gli valsero il soprannome di “Van den Bosc”, nomignolo affibbiatogli dal tecnico rossonero. E’ comunque fuori discussione che Verza fosse il giocatore più di classe di quel Milan, l’uomo con sulla schiena il numero 10, colui che dava il tocco di fantasia alla squadra. Per il Milan quella fu una stagione esaltante, ricca di gol (ben 77 all’attivo) e soddisfazioni e molto positivo fu l’apporto di Verza per l’immediato ritorno nella massima serie (10 gol in campionato di cui ben 3 segnati nella gara interna contro il Varese). Niente male anche il percorso fino ai quarti di finale in Coppa Italia.

La stagione successiva fu la prima di Verza con la maglia rossonera in serie A. Il Milan si rinforza poco (Blisset, Gerets e Spinosi) e porta a termine un campionato di assestamento, terminato in classifica a ridosso delle posizioni che contano. Verza si conferma a buoni livelli, conservando un ruolo da protagonista in squadra. Ma la parte più bella della sua avventura milanista deve ancora arrivare.

Per la stagione ‘84/’85 Giussy Farina prova a fare le cose in grande. In panchina si registra il ritorno del grande Nils Liedholm, e la rosa viene rafforzata dagli arrivi di Terraneo, Hateley, Wilkins, Virdis e Di Bartolomei. Forse la stagione precedente di Vinicio fu migliore dal punto di vista della qualità delle prestazioni, ma fu in questa che “Van den Bosc” si rese protagonista dell’episodio che più di ogni altro lo fece entrare nel cuore del popolo milanista. Ma andiamo con ordine. Il rapporto tra Verza e Liedholm non comincia benissimo: il Barone gli toglie la maglia numero 10 e gli affida quella col 7 (e sappiamo bene come certi giocatori siano suscettibili sull’argomento). Il sistema digioco e la presenza contemporanea di DiBa e Wilkins lo “dirottano” praticamente sull’ala destra, ma nonostante questo il tecnico rossonero non rinuncerà alle prestazioni del talento veneto. Quel ruolo non era il suo preferito, ma Verza non mancò di disputare partite “memorabili”. Nella vittoriosa gara interna contro la fortissima Roma (alla quinta giornata, 2-1 per noi) fece letteralmente impazzire il grande Bruno Conti, al punto da indurlo all’espulsione per l’esasperazione (lo calpestò mentre era a terra dopo aver subito l’ennesimo fallo). Le cronache narrano di un Ancelotti giallorosso che lo attese nel sottopassaggio a fine gara per stringergli la mano.

Ma il suo capolavoro fu il derby di ritorno contro l’Inter alla 22ma. Il Milan aveva vinto in rimonta quello d’andata grazie al mitico stacco di Hateley che sovrastò Collovati, e quindi i nerazzurri erano smaniosi di rifarsi. Il 17 marzo 1985 San Siro si presenta gremito da 80.000 persone trepidanti (record d’incasso per l’epoca, 1 miliardo 369 milioni di lire). Il Milan disputa un ottimo primo tempo, e lo chiude in vantaggio per 1-0 grazie a Virdis. Nella ripresa l’Inter si scuote. Kalle Rumenigge pareggia subito, e dopo un discreto predominio all’81’ passa in vantaggio con un colpo di testa di Altobelli. Tra lo sconforto rossonero, la vendetta sembra servita! Ma qui entra in scena “l’uomo dei sogni”. Minuto 85, si consuma il massimo della goduria! Lo Zio Bergomi, in alleggerimento, passa la palla all’indietro al suo portiere Walter Zenga. Il tocco però è corto, e Vinicio Verza vuole crederci fino alla fine: si avventa sul pallone, fa un pallonetto a scavalcare l’uscita disperata dell’Uomo Ragno e di testa, a tre metri dalla linea di porta, deposita dolcemente in rete il pallone che ricordo pieno di fango. Nella disperazione al limite delle lacrime del duo interista, Verza corre ad esultare sotto la curva inseguito da Virdis ed Hateley. Se qualcuno avesse voluto dipingere un finale più godereccio di questo, non ci sarebbe riuscito. Il Milan, in una stagione che ci fece tornare “a riveder le stelle”, riuscì a terminare imbattuto nelle stracittadine con l’Inter, dato che eliminò i cugini anche nel doppio confronto di semifinale di Coppa Italia (una vittoria ed un pari).

Farina a fine stagione decise di non rinnovare il contratto a Verza, nonostante il giocatore fosse disposto a firmare in bianco e nonostante sui muri di Milano fosse comparsa la scritta “Se Vinicio se ne va bruceremo la città”. L’affetto nei suoi confronti era tanto, ma questo non bastò. Dopo 3 stagioni, 106 partite ufficiali e 17 gol, Verza lasciò il Milan e passò al Verona campione d’Italia.

Chi ha vissuto quegli anni non può non avergli voluto bene, e comunque sia Verza si è conquistato un posto nelle nostra storia dato che nelle carrellate di immagini che ritraggono la storia del Derby milanese verrà ammirato per sempre quel beffardo cucchiaio che ci regalò una gioia speciale!

 
 
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