Come "Il numero 1"

All’interno del’ufficio di Zio Paperone, faceva bella mostra di sé un quadro che conteneva il Primo Dollaro guadagnato dal mitico personaggio di Walt Disney e di cui il riccone andava molto orgoglioso. Se volessimo per un attimo fantasticare, sarebbe bello immaginare che in via Turati nell’ufficio del presidente dell’ AC Milan Silvio Berlusconi sulla parete alle spalle della scrivania ci sia appeso un quadro con la foto di Roberto Donadoni, che ha il merito di essere stato in assoluto il primo acquisto effettuato personalmente nell’estate del 1986 dal neo patron rossonero! L’acquisto di Donadoni non passerà alla storia solo per essere stato il primo dell’era berlusconiana, ma anche, e soprattutto, perché rappresentò una vera rivoluzione copernicana per il mondo del calcio italiano: per la prima volta un giocatore già “promesso” alla Juventus degli Agnelli da una società “amica” come l’Atalanta finì per non approdare in bianconero! Il giovane e rampante presidente del Milan si era innamorato di quel calciatore riccioluto e decise, confidando anche sulla fede milanista dello stesso, che quello doveva rappresentare il primo tassello della nascente corazzata rossonera,e con un autentico blitz operò lo “scippo” ai danni degli intoccabili dirigenti bianconeri ... sarà il primo di una lunga serie, e ne valse sicuramente la pena!

Roberto Donadoni, nato a Cisano Bergamasco (BG) il 9 settembre 1963, mise in mostra già da ragazzino le qualità che l’avrebbero reso un grande calciatore. La sua carriera comincia, ovviamente, nelle giovanili dell’Atalanta, e già nel 1982 debutta in prima squadra nel campionato di serie B. Giocherà nell’Atalanta in B anche l’anno successivo (quello della promozione) e, sempre nella compagine bergamasca, farà il debutto in serie A nella stagione 1984/85; rimarrà in “nerazzurro” fino al termine della stagione 1985/86.

Centrocampista che prediligeva giocare sulla fascia destra, mise in mostra una spiccata attitudine ad accompagnare la manovra offensiva, non disdegnando di andare spesso alla conclusione. Nel corso della sua carriera al Milan, successivamente, mostrerà una grandissima capacità di ricoprire tutti i ruoli del centrocampo, distinguendosi come uno dei calciatori “tatticamente più intelligenti” dell’intero panorama calcistico!

Per dieci stagioni consecutive, con Liedhom, Sacchi e Capello, sarà un titolare assolutamente inamovibile della nostra squadra ricoprendo tutte, ma veramente tutte, le posizioni del centrocampo rossonero. Ala destra con Liedholn, esterno destro nei primi tre anni dell’era Sacchi, rifinitore alle spalle delle punte nella stagione 1990/91, centrale e a sinistra nel primo Milan di Capello, centrale nel 1992/93, ala destra e ala sinistra nel 1993/94: non c’è stata nessuna posizione e nessun ruolo in cui Donadoni non abbia giocato (e bene!) nel Milan.

Oltre al talento, le capacità tecniche e la grande duttilità tattica, si dimostrò un grande uomo ed un grandissimo professionista: queste doti e questi caratteri distintivi li metterà in mostra anche nella sua carriera da allenatore ... soprattutto nell’esperienza da Commissario Tecnico della Nazionale nel recente biennio 2006-2008!

Dopo una prima stagione interlocutoria per il Milan, comincia l’era Sacchi (1987/88), e Donadoni “diventa” un grande giocatore non solo a livello di club, ma anche a livello di Nazionale italiana, dove prima con Vicini e poi con Sacchi disputerà due Europei e due Mondiali, collezionando, tra l’altro un terzo posto ad Italia 90 ed un secondo posto ad USA 94.

In questi 10 anni di calcio ad altissimo livello Donadoni non si segnalerà per dei picchi incredibili per cui passare alla storia del calcio, ma nella storia di questo sport ci resterà per una costanza di rendimento eccezionale: trovare una insufficienza in pagella è come cercare un ago in un pagliaio. Di soddisfazioni personali in partite “storiche”, comunque, Donadoni se ne toglierà lo stesso: in particolare Donadoni entrò nel tabellino marcatori sia nella sfida scudetto contro il Napoli nella stagione 1987/88 (4-1 per noi), sia nella indimenticabile semifinale di Coppa Campioni dell’edizione 1988/89 contro il Real Madrid a S.Siro (5-0).

Tra tutti i ricordi legati a Roberto Donadoni, ce ne sono anche alcuni drammatici e sfortunati: nella storica partita della “nebbia” di Belgrado del novembre 1988, Donadoni rischiò addirittura di morire sul campo per una delinquenziale gomitata rifilatagli da un avversario; il massaggio cardiaco del medico sociale rossonero evitò la tragedia. Fu una delle tante cose che ci diede la spinta per “strappare” a tutti i costi la qualificazione nella infinita gara del giorno dopo.

Una delle partite più belle (…forse la più bella) giocate da Donadoni nel Milan fu sicuramente la gara di ritorno dei quarti di finale della Coppa Campioni della stagione 1989/90 contro il Malines. Dopo lo 0-0 dell’andata in Belgio, a S.Siro andò in scena una partita, calcisticamente parlando, drammatica: una battaglia “infinita”! Il Milan pur disputando una grande partita e pur avendo a disposizione dozzine di palle gol, riuscirà a battere i belgi solo ai tempi supplementari grazie ai gol di Van Basten e Simone. Donadoni fu straordinario e disputò una partita eccezionale, risultando letteralmente immarcabile e subendo “centinaia” di falli da avversari impazziti. Alla fine la beffa: sull’ennesimo fallo subito e sull’orlo dello sfinimento fisico, Roberto Donadoni reagì malamente e venne espulso! La squalifica fu così severa,che Donadoni fu costretto a saltare le semifinali col Bayern Monaco e la finale di Vienna contro il Benfica. Per uno che in oltre 400 partite ha subito un numero di ammonizioni che si contano sulle dita di una mano, fu uno scherzo atroce del destino.

Al termine dei mondiali americani del 1994, dopo 10 stagioni al Milan, Donadoni ( a 33 anni) decise di andare a giocare nel campionato Americano con i New York MetroStars: l’esperienza durò un anno e mezzo; a gennaio del 1997 Roberto tornò in rossonero su richiesta del rientrato Fabio Capello in un Milan in grande difficoltà. La sua esperienza era “necessaria” soprattutto a livello di spogliatoio. Dopo 15 dignitosissime presenze, la società rossonera gli chiese di restare anche nella stagione successive, quella della rivoluzione zaccheroniana che culminerà nella conquista del clamoroso scudetto in rimonta sulla Lazio: il contributo di esperienza e di classe di Donadoni sarà molto apprezzato.

Finirà la sua carriera nel Al-Ittihad, in Arabia Saudita, con cui vinse l’ultimo scudetto della sua pluridecorata carriera. Il suo palmares, infatti, è straordinario: in 12 stagioni nel Milan, in cui metterà insieme 390 presenze e 23 reti, vincerà 6 volte il Campionato Italiano, 3 volte la Coppa dei Campioni, 2 volte la Coppa Intercontinentale, 3 volte la Supercoppa Europea e 4 volte la Supercoppa Italiana. L’unico rammarico di una carriera straordinaria fu rappresentata dalla mancata vittoria di una grande competizione a livello di Nazionale, pur essendoci andato molto vicino.

 
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